giovedì 17 marzo 2016

Apologuccio sudafricano


In attesa di scoperchiare una realtà che i media si guardano bene dal raccontarvi per non rovinare il sogno lucido indotto globalista dove siamo tutti multikulturalmente fratelli, una realtà spaventosa che vi toglierà il sonno, come l'ha tolto a me mentre facevo le mie ricerche per documentarmi sull'argomento, vogliate gradirne un breve apologo introduttivo, talmente perfetto da sembrare scritto da uno sceneggiatore di Hollywood.

La storia inizia circa otto mesi fa in luglio quando Andrew and Rae Wartnaby, i coniugi quarantasettenni proprietari della "Hope Farm" nella Killarney Valley di Cato Ridge, Sudafrica, seppero che le autorità di Thekwini stavano per chiudere l'ultimo campo per stranieri rifugiati a Chatsworth.
Un momento. Rifugiati? Si, il fenomeno della migrazione esiste anche internamente all'Africa e il Sudafrica, in special modo, attira migranti e profughi da paesi in guerra o da quelli maggiormente afflitti da povertà e fame. I maligni dicono perché il Sudafrica è il paese che, nonostante l'ignominioso passato di dominio coloniale bianco e l'onta dell'Apartheid, conserva ancora, vent'anni dopo la fine del dominio boero e nonostante la disastrosa gestione del governo dei neri dell'ANC, che si piegarono alla shock economy voluta dalla globalizzazione, un livello di benessere che è impensabile in altre realtà africane, e proprio grazie a ciò che è rimasto di quel passato.
Questi rifugiati, interi nuclei famigliari, vengono dai paesi vicini come il Burundi o il Congo ma sono spesso vittime di attacchi xenofobi. Alt! Xenofobia? Ma da parte di chi? Dei neri, ovvero dei lavoratori autoctoni che si sentono minacciati dai nuovi arrivati, come accade in casi simili in tutto il santo mondo, al giorno d'oggi come nel passato.
Proprio a causa dell'intolleranza e della xenofobia, all'inizio della nostra storia, nel campo profughi di Chatsworth,  vi sono radunati appunto 143 di loro, in attesa di essere ricollocati altrove, soprattutto in altri paesi (molti vorrebbero andare in Canada). I Wartnaby, persone animate da un altissimo senso civico e di solidarietà, si offrono di ospitarli temporaneamente mettendo a disposizione i loro 20 ettari di fattoria.

All'inizio le cose vanno bene e la coabitazione procede abbastanza serenamente. I profughi collaborano ai lavori quotidiani della fattoria, alcuni appaiono vogliosi di apprendere un mestiere che potranno utilizzare in seguito. I Wartnaby raccolgono aiuti e fondi per i loro ospiti, offrendo loro la migliore disponibilità e generosa accoglienza ma poi, come da pagina uno, capitolo uno di qualunque manuale di sociologia, il gruppo dei rifugiati, profughi e migranti si spacca in due, con, da una parte, un gruppo maggioritario formato da persone tranquille e collaborative e, dall'altra, un gruppo minoritario dove emergono leader aggressivi che premono affinché vengano accelerate le procedure di rimpatrio e ricollocazione.
La tensione cresce all'interno della comunità e il gruppo dei leader diventa sempre più violento finché, una notte dello scorso dicembre, viene appiccato un incendio ad una tenda del campo, la rete di recinzione viene tagliata e un gruppo di facinorosi nuove verso la casa dei Wartnaby, accusando Andrew di essere un agente del governo che sta cospirando per trattenerli contro la loro volontà e lucrando sulla loro pelle intascandosi gli aiuti a loro destinati. Si arriva anche alle minacce di morte nei confronti di Andrew e della sua famiglia, al punto che i suoi figli vengono allontanati dalla fattoria per sicurezza e viene richiesto l'intervento della polizia.

Questa situazione, che vede i signori Wartnaby sempre più terrorizzati e praticamente barricati in casa propria, circondati da una comunità di profughi sempre più ostile, che rifiuta il loro aiuto e non vuole più rimanere alla fattoria ma nemmeno ritornare in città per paura degli attacchi xenofobi della popolazione locale, si protrae fino a pochi giorni fa quando, su richiesta di un ormai esasperato Mr. Wartnaby, e grazie all'intervento di personale ell'ONU, il gruppo di profughi e migranti viene trasferito in un centro di accoglienza a Durban da dove però non si sa se e quando essi potranno andarsene. 

Parabola istruttiva, vero? Ora sappiamo che gli omini di burro che raccontano dell'esistenza dei paesi dei balocchi oltreoceano e spingono per le deportazioni di massa di intere popolazioni e per la disarticolazione* delle identità nazionali esistono ad ogni latitudine. Che, sempre in tutto il mondo, è spesso vero il detto: "Fai del bene alla gente e te lo mettono nel sacco". Abbiamo imparato inoltre che esistono il razzismo e la xenofobia black on black e che esistono sottili differenze tra congolesi, burundesi e sudafricani che noi non percepiamo ma gli africani si, oltre a vedere confermato che si è sempre i terroni di qualcuno. 
Che sia questa in fondo la vera globalizzazione, ovvero il rendersi conto che tutto il mondo è paese ed è governato dalla relatività?

Nota finale di letizia. La storia per i Wartneby è finita ancora bene, a differenza di come è andata per gli oltre 2000 agricoltori bianchi scannati negli ultimi tempi con le loro famiglie in Sudafrica da gang armate organizzate di neri che assaltano le fattorie isolate, rapinando, torturando, stuprando e uccidendo gli abitanti, in un paese che sta diventando per gli afrikaaner, gli ultimi bianchi rimasti, sempre più ostile, anche economicamente. La storia terribile e misconosciuta di cui parlavo all'inizio e che vi racconterò domani.




* Questo verbo: "disarticolare" (qualcosa del sistema) l'ho sentito ieri alla radio in bocca ad un senatore, non ricordo se piddino, sellino o cosa. L'ultima volta l'avevo letto su un comunicato delle BR. Risentirlo proprio il giorno dell'anniversario di Via Fani mi ha fatto un certo effetto.

16 commenti:

  1. Anonimo06:45

    Siccome conosco alcuni sudafricani, per me non e' una novita'. Come al solito, e' la narrazione di quello che e' avvenuto prima ad essere quasi totalmente fasulla. Infatti, la questione dell'Apartheid era gia' da mettere in relazione con l'ingresso di massicce dosi di popolazioni dai paesi limitrofi. Non riguardava solo la gestione interna di una societa' che era gia' multietnica e multiculturale a tutti gli effetti. Quindi, cio' di cui parli e' solo l'ulteriore acceleratore dello stesso processo. Ovviamente, si tratta di un luogo nel quale l'estrazione e il commercio di metalli e pietre preziose costituisce la vera economia su cui si regge tutto. Attivita' che sono globali per definizione. Forse andrebbe riconsiderato tutto cio' che concerne la nostra idea di de-colonizzazione dell'intero continente e la stessa liberazione dalla schiavitu'. Infatti, il passare da un regime nel quale alcune nazioni egemoni esercitano un potere visibile a quello in cui pochissime multinazionali ne esercitano uno invisibile, non ha migliorato la vita di nessuno. La cifra costante essendo una perenne instabilita' per l'incapacita' di gestire una struttura pensata e creata per gli occidentali. Instabilita' fomentata anche dal di sopra, naturalmente, ma endemica a tutti gli effetti.

    La differenza tra le varie umanita' e' infatti visibilissima, e non e' riconducibile alle sole dinamiche ricchezza-poverta', quindi, emancipazione. E' proprio antropologica. Ogni gruppo etnico ha le sue peculiarita', non tanto per il colore della pelle o la ricchezza che possiede, ma per la civilta' dalla quale proviene. Ci sono essenzialmente bianchi europei, varie nazionalita' provenienti dal continente indiano, e negri africani, anche questi ripartiti per tribu ed etnie varie. E si comportano tutti come comunita' chiuse e insofferenti le une delle altre. Con in piu' la carica rivoluzionaria instillata nelle etnie/classi inferiori che ha determinato una vendetta sociale che non e' peculiarita' del solo Sudafrica, ma di tutto il continente. Gli e' che qui c'era piu' ricchezza ed un potere molto piu' consolidato da parte dei bianchi. Che pure si sono fatti la guerra coloniale tra di loro.

    E' giusto il trarne qualche insegnamento anche per cio' che riguarda noi in Europa. Basta solo non fermarsi alla visione marxista classica e vedere la progressiva sostituzione etnica come un fattore di cambiamento dell'intera civilta', soprattutto della nostra civilta'. Cambiamento che presuppone l'azzeramento della civilta' pre-esistente, cio' che siamo sempre stati abituati a chiamare "rivoluzione".

    G.Stallman

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "pochissime multinazionali ne esercitano uno invisibile" ovviamente e' verissimo, ma e' altresi' un fatto che le multinazionali non sono il "male", sono (o erano) motori di civilta' e benessere diffuso. Il mondo gira (male, e forse non per molto ancora) quasi solo grazie alle multinazionali, negarlo non e' costruttivo. Sia chiaro, un sistema basato sull'avidita' puo' far ribrezzo, ma purtroppo non vedo ancora alternative credibili. Gli Stati dovrebbero recuperare un ruolo attivo, ma il rischio e' di passare dalle multinazionali ai colonnelli.

      Elimina
    2. Non confondiamo le multinazionali odierne con il capitalismo che a suo tempo creò il benessere che emancipò gran parte della classe operaia facendola diventare classe media. Ti consiglio la visione di questo film, che spiega molto chiaramente come il comportamento delle multinazionali sia ormai da considerarsi sociopatico e quindi pericoloso. Aggingiamoci la finanza senza freni ed abbiamo il quadro completo.

      Elimina
    3. Anonimo17:24

      Infatti quelle multinazionali dovevano necessariamente mediare con le nazioni, magari anche con la corruzione, ma non potevano fare diversamente. Quelle di oggi hanno bilanci tali che si possono inghiottire addirittura quello degli USA. Sono andati i tempi dei Rohdes e della Compagnia delle Indie, nei quali erano strumento dell'Impero britannico. Oggi vivono di vita propria. Detto questo, ho osservato un fatto strano. Avendo conosciuto un paio di pezzi grossi a livello di CEO, devo dire che per comportamento e stile di vita sembrano persone assolutamente "alternative". Anzi, proprio brave persone anche, se informate come sono al pragmatismo USA, non considerano possibile altro mondo se non questo. Ogni discussione su argomenti simili finisce regolarmente in rissa e il sottoscritto ne esce regolarmente come il proverbiale nemico del Progresso che non e'. Allora mi convinco sempre piu' che cio' e' possibile solo a causa di un'educazione estremamente superficiale e settoriale. A parte la conoscienza delle lingue e di tutti gli artifici per gestire bilanci cosi' complessi, mancano proprio le basi umanistiche. E con cio' non intendo dire che dovrebbero essere tutti un po' sovietici, ma almeno una via di mezzo. Se venga prima l'Educazione o il Mercato e' un po' come la storia dell'uovo e della gallina, certo, il pensare che siano ambienti separati e' poco ragionevole.

      G.Stallman

      Elimina
    4. Anonimo18:01

      Pero', "Corporation" non ha niente a che vedere con il sistema corporativo fascista, che non e' altro se non la rappresentativita' politica degli organismi artigianali e industriali che sono una realta' europea fino dal Medioevo. In tale sistema non era semplicemente possibile che aziende come la Fiat diventassero un monopolio o un cartello. Non lo era nemmeno a livello nazionale, figuriamoci a livello internazionale. Infatti le imprese erano quelle che oggi chiamiamo PMI e le uniche che non lo erano appartenevano gia' alla filiera internazionale, ma la tendenza era quella di nazionalizzare il piu' possibile, pur senza collettivizzare. Il che e' poi una delle pratiche che differenziano il Socialismo classico da quello scientifico. Vedi la Filosofia della miseria e la Miseria della filosofia...

      G.Stallman

      Elimina
  2. Amichetta09:25

    Per i Wartnaby è finita ancora bene perché, quando hanno chiamato la Polizia, la Polizia è arrivata.
    Qui mica è detto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anonimo10:02

      Anche li' la polizia arriva quando arriva. E a volte e' pure meglio che non arrivi.

      G.Stallman

      Elimina
    2. Immagina un bianco che finisce in cella con una trentina di neri. I soliti maligni dicono che è pratica diffusa in SA da parte della polizia arrestare un bianco per futili motivi... WhiteLivesMatter?
      http://www.mirror.co.uk/news/world-news/gangsters-stabbings-rape-brutal-prison-4204755

      Elimina
    3. Ovviamente, non c'è bisogno di rimarcarlo, nelle carceri sudafricane non si salva nessuno, nemmeno i fratelli neri.

      Elimina
    4. Anonimo12:10

      Diciamo che oggi hanno qualche chance in piu' dei bianchi...

      G.Stallman

      Elimina
  3. Anonimo12:11

    Sul tema, consiglio"Vergogna" di Coetzee. Mi colpisce la differenza tra ciò che riporti e il mainstream che presenta il Sudafrica come un bengodi pacifico ein cui andare ad investire, aprire ditte, ecc...
    Teresa

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anonimo13:48

      Proprio nel romanzo di Coetze c'e' la soluzione al dilemma. Il protagonista fugge dal conformismo accademico perche' in fondo crede al nuovo conformismo post-apartheid. Infatti viene disilluso, ma rifiuta di prenderne atto. Perche' alla fine, il conformismo dei colonizzatori bianchi e' proprio cio' che ha permesso la loro dominazione, mentre il nuovo conformismo alla Mandela funziona esattamente come la discriminazione positiva per cui si giustifica un torto in quanto riparazione di vecchi torti. Ma questo metodo non crea mai l'eguaglianza: sostituisce solo un regime con un altro.

      Io consiglierei il classico film "Africa addio", proprio perche' piu' onesto e meno impaludato. La storia individuale di un intellettuale disadattato stride con il contesto nel quale avviene: con il contesto e con il luogo. Infatti ha l'epilogo che ha: o ti adatti o muori. Ma un tale che non riesce ad adattarsi nemmeno al suo contesto etnico-culturale come puo' accettarne un altro ancora piu' duro ?

      G.Stallman

      Elimina
    2. Anonimo15:14

      Non può. Infatti il libro lascia con una sensazione di spaesamento assoluta: familiare e sociale. In definitiva, non concede spazi di speranza.
      Teresa

      Elimina
  4. Anonimo23:37

    Gli africaneer furono traditi dalle loro elites "cittadini del mondo" sia prima quando gli raccontarono la storia che potevano continuare a vivere da "buana" cioe' signori di masse di servi neri, sia dopo quando, trovato una buona spartizione con le elites nere (ugualmente "cittadine del mondo") lasciarono "buana" e " servi" a "chiarirsi" le cose tra loro "cittadini del sudfrica".
    E credo che un simile "chiarimento " ,quando i numeri saranno "quelli giusti", tocchera' anche ai nostri PDoti , che credono di essere "cittadini del mondo" senza OVVIAMENTE esserlo :-)
    ws

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anonimo12:34

      Di chi credi che sia la quasi totalita' del commercio di diamanti ? Da Cape Town a Johannesburg si vedono gli stessi bacherozzi neri che si possono vedere anche ad Amsterdam. Israele era infatti uno dei partner piu' vicini al South Africa. Non ho idea di che possano aver combinato, ma sicuramente una qualche logica c'e'. Pero' la rivoluzione di Mandela viene dall'ONU che, almeno apparentemente, non ha molta simpatia per il Sionismo. Ma in questa storia di doppi-tripli-quadrupli giochi, ammetto di non capirci niente. Pero' i diamanti di Rotschild c'entrano di sicuro, come le miniere di platino di cui la filantropica famiglia detiene il monopolio mondiale. E' gia' un buon indizio.
      Ovviamente prendo le distanze da quegli antisemiti che dicono che l'allegra famigliola di banchieri e' una degli artefici dello sconquasso mondiale, insieme ad altre allegre famigliole della stessa risma. Qui lo dico e qui lo nego.

      G.Stallman

      Elimina
  5. In 20 i governi neri non hanno ancora costruito sufficienti scuole elementari per tutti i bambini che ci sono in SA, hanno rifiutato il permesso per la costruzione di nuove centrali elettriche perché il business è in mano ad un bianco, hanno fatto leggi che di fatto impediscono ai bianchi di trovare lavoro. Come volete che finisca? Fra crisi energetica (con taglio dell'elettricità ad intere cittadine), mancanza di personale specializzato ed impossibilità di istruirne di nuovo...

    PS "disarticolazione" io l'ho letto su un saggio di storia: era l'intento dell'esercito austro-tedesco nei riguardi di quello italiano attestato sul Piave durante la battaglia di arresto combattuta nel novembre-dicembre 1917. (Luciano Luciani, La riscossa dopo Caporetto-Collana Sism N.2-2013)

    RispondiElimina

SI PREGA DI NON LASCIARE COMMENTI ANONIMI MA DI FIRMARSI (anche con un nome di fantasia).


LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...