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venerdì 13 maggio 2016

Se non ti metti il pannolone perdi il lavoro



Ritengo opportuno tradurvi questo articolo pubblicato su RT perché tra gli squittìi degli Scalfarotti in festa e l'esultate delle future diaconesse, rischiamo di perderci una testimonianza da quel futuro quotidiano e terra terra, senza sogni ma fatto di incubi lucidi, che Matteo Renzi, volendo e fortissimamente volendo il TTIP, vuole imporci. Incubi che i nostri media inviati nel favoloso mondo parallelo di Amélie, si guardano bene dal nominare.

Anche qui si parla di diritti civili e di uno dei più basilari: poter espletare fondamentali funzioni fisiologiche. Insomma, andare al bagno, al gabinetto, liberarsi, impedire che la vescica o l'intestino esplodano. Capisco però che questi diritti civili non siano glamour come "la libertà nell'accesso ai bagni" delle moltitudini di bambine/i transgender desideros* di utilizzare i bagni degli uomini/donne.
Il Chicago Boy si schiera. Però non chiedetegli di scusarsi per le atomiche, quando andrà ad Hiroshima. Né tantomeno di battersi per la libertà dei suoi concittadini di accedere, per far pipì, ai bagni nelle fabbriche. Rimpiangeremo l'inconsistenza da aria di lecitina di questo Man (in) Black molecolare? Non credo proprio, chiunque lo seguirà alla Casa Bianca.



Ecco la traduzione dell'articolo.

L'industria della lavorazione del pollame è in forte espansione ma, secondo un rapporto pubblicato da Oxfam America, migliaia di lavoratori patiscono un trattamento disumano negli stabilimenti avicoli. Sono costretti a pietire per ottenere la pausa bagno e finiscono per dover indossare pannoloni per evitare la minaccia di perdere il lavoro a causa delle loro rimostranze.
Il rapporto, "No Relief: denial of bathroom breaks in the poultry industry" è stato redatto in base a interviste condotte con lavoratori dell'industria avicola in America (una popolazione di circa 250.000 addetti) tra il 2013 e il 2016 e contiene le testimonianze delle condizioni brutali e inumane nelle quali impiegati e operai sono costretti a lavorare.
"I lavoratori lottano contro la negazione di una necessità umana fondamentale. Arrivano a dover urinare e defecarsi addosso mentre sono alla linea di lavorazione e ad indossare pannoloni per evitarlo ed evitare di dover chiedere il permesso di uscire; per contenere la diuresi evitano di assumere liquidi fino a mettere a repentaglio la salute. Assieme alla preoccupazione per la propria salute e l'eventuale perdita del lavoro patiscono un continuo malessere e disagio fisico. Non è infatti solo questione di dignità ma di un vero e proprio problema medico."
Così scrive il gruppo di Oxfam nel rapporto, parte di una campagna di sensibilizzazione sulle condizioni di lavoro dei lavoratori dell'industria avicola lanciata nell'ottobre del 2015.
Secondo la US Poultry & Egg Association, il settore della lavorazione delle carni avicole è valso da solo nel 2014 il 6% di crescita del settore, con un fatturato di 32,7 miliardi di dollari. Nello stesso periodo considerato, sono stati venduti 188 milioni di polli per un fatturato di 96,6 milioni di dollari, marcando una crescita del 10%.
Nonostante queste cifre, i lavoratori non beneficiano affatto dei profitti. Al contrario, le loro condizioni di lavoro sembrano peggiorare sempre più. "Una volta acceso, l'impianto non si ferma più fino a che non sono stati lavorati tutti i polli. Se un settore dovesse fermarsi, si fermerebbe l'intera linea."
A causa di questi ritmi forsennati, comuni ad altri settori, ai lavoratori vengono spesso negate le necessarie pause per il bagno. Il pannolone, in questi casi, evita le quotidiane umiliazioni da parte dei supervisori.
"Il nostro ci prende continuamente in giro. Dice che mangiamo troppo, per questo dobbiamo sempre andare al bagno", racconta Fern, che lavora in una fabbrica della Tyson in Arkansas.
Nel corso di una causa legale intentata contro una fabbrica del Mississippi, alcune operaie denunciarono i supervisori che avevano preteso denaro da loro in cambio del permesso di utilizzare il bagno.
Racconta Rosario, che lavora alla Case Farms in North Carolina:
"Ho paura del supervisore. Ogni volta che mi lamento mi assegna ancor più lavoro da fare. Così me ne sto buona perché, se andassi a lamentarmi all'ufficio del personale, le conseguenze per me sarebbero ancora peggiori".
E' facile immaginare il disagio delle lavoratrici, costrette a confrontarsi con i disagi legati al periodo mestruale e alla gravidanza.
Non sembra infatti che le operaie incinte ricevano alcun trattamento di favore ma anzi siano invece coloro che hanno maggiormente bisogno di indossare il pannolone.
Maria, all'ottavo mese (!!!) di gravidanza, racconta:
"Quando chiedo il permesso di andare al bagno mi fanno aspettare un quarto d'ora, mezz'ora, a volte anche di più. Spero che il mio bambino non patisca conseguenze. Sono a un mese dal parto e ho già avuto un'infezione urinaria. E' stato ancora più terribile, essendo incinta."
Oltre al maltrattamento e alle punizioni, i lavoratori avicoli sono esposti a rischio per la salute. 
Infatti, per ovviare al problema della negazione della pausa fisiologica, e nonostante l'utilizzo del pannolone o del "farsela addosso", questi operai praticano il digiuno ed evitano di assumere liquidi fino alla disidratazione, con conseguenze gravi per la salute, come si può bene immaginare. Secondo uno studio citato nel report, la ritenzione urinaria protratta provoca danni renali, infezioni e può provocare perfino la morte.

Nella ricerca di Oxfam America si afferma che, in alcune realtà, fino all'80% dei lavoratori intervistati ha lamentato di non ricevere il permesso - previsto peraltro dalla legge - per la pausa bagno, in alcuni casi addirittura limitato a meno di due pause alla settimana.
Come è prevedibile, negli stabilimenti sindacalizzati le cose vanno un po' meglio e sono previsti turni di pochi minuti durante i quali gli operai che hanno necessità fisiologiche vengono rimpiazzati da colleghi. In questo modo si riesce a non fermare l'infernale ed inarrestabile linea di produzione.
Per la maggior parte degli intervistati, invece, le cose sono diverse. Sottoposti alle angherie dei supervisori e al loro potere discrezionale, le pause concesse, dopo decine di minuti di attesa se non ore, si riducono a pochi minuti, che non tengono conto del tempo necessario a togliersi le protezioni, raggiungere i bagni, spesso lontani, rimettersi le protezioni e raggiungere nuovamente la postazione di lavoro.
Dei dieci minuti (totali) concessi, anche un solo minuto di sforamento provoca sanzioni disciplinari che, alla fine, possono condurre al licenziamento. Trattandosi in massima parte di lavoratori poveri, immigrati, spesso clandestini, appartenenti alle fasce più reiette della società, come dimostrato dal fatto che in tali bestiali condizioni di lavoro vi siano donne all'ottavo mese di gravidanza, è facile immaginare che chi gestisce queste fabbriche non abbia alcun problema a sostituirli con altri disgraziati e disgraziate in cerca di un posto di lavoro purchessia. Leggendo queste cose, qualche campana dovrebbe risuonare nelle orecchie degli entusiastici importatori nostrani di carne umana da sfruttamento.

E le ditte implicate, cos'hanno risposto alle denunce di questo report? Solo la Tyson Foods e la Perdue hanno accettato di inviare una risposta scritta. Esemplare quella della Tyson:

"Abbiamo molto a cuore i membri del nostro Team e perciò riteniamo queste denunce preoccupanti. Tuttavia, siccome Oxfam America ha rifiutato di rivelare i nomi e i luoghi dove sarebbero avvenute le violazioni dei diritti dei lavoratori, è per noi difficile contrastarle o semplicemente verificarne la veridicità.
Possiamo affermare di essere sempre certi di trattare ognuno dei nostri collaboratori con rispetto e ciò comprende il concedere ai lavoratori tutto il tempo necessario per le loro pause, come viene insegnato a fare ai nostri supervisori. Che non venga permesso ai lavoratori di usufruire delle pause non è semplicemente tollerato."

Chissà perché questi vorrebbero i nomi degli operai che hanno denunciato gli abusi? Forse per concedere loro un premio extra di produzione?
Tutto ciò è spaventoso ed è comune ad altre industrie di lavorazione, come quella degli hamburger testimoniata nel libro e film "Fast Food Nation"
Sembra quasi che, in tali situazioni, gli uomini subiscano la nemesi del martirio che infliggono alle bestie, con entrambi, uomini e animali, immolati sull'altare della produzione ad ogni costo. Una riproposizione del lager in versione industriale.
Ancor peggio, tutto ciò che viene qui denunciato è perfettamente logico e normale in un mondo in cui vige ancora e vigerà sempre di più in futuro il principio dell'operaio come appendice di carne alla macchina d'acciaio. Appendice che, in questo caso, ha ancora bisogno di pisciare, a volte. Si sa, sono i limiti dell'essere umano alla sovraproduttività in funzione del profitto totale.


12 commenti:

  1. Sarebbe da mostrare in tv e invitare renzi chiedendogli cosa crede che succederebbe firmando il TTIP alle nostre produzioni.. ovviamente dovremmo avere dei giornalisti e non dei lacche' della trilaterale. Quindi non succedera' nulla di tutto cio'.

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  2. Dedicato a tutti gli insofferenti delle regole. Ecco cosa succede a svuotare i contratti di lavoro nazionali: vieni trattato per quello che "vali".

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  3. Anonimo06:31

    Evidentemente bisogna ricominciare tutto da capo. A meno che la tecnologia non risolva il problema della catena di produzione che ancora sfugge all'automazione. Al che, non servira' nemmeno piu' l'operaio, di conseguenza diminuiranno anche drasticamente i consumatori. Hanno ragione loro: tutta questa gente non serve piu'. I luddisti avevano capito tutto.

    G.Stallman

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  4. Anonimo14:09

    Sono sempre interessanti, a parte i loro esiti tragici, le mutazioni del lessico alle quali ci siamo abbondantemente adeguati : Abbiamo molto a cuore i membri del nostro Team [...]
    Il nostro Team!
    (Purtroppo non ritorneranno più i bei tempi delle chiavi inglesi del 22 sui craponi)

    lr

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    1. Il linguaggio aziendalista e' indecente, essenzialmente disumano, a partire dalle "risorse umane". Sara' nato nei lager?

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  5. Il Ttip non sarebbe comunque che il colpo di grazia: il modello orwelliano già è sufficientemente operativo, capo scuola in questo paese è l'A.D. che più acchiappa polli nostrani ra i ns politici (si fa per dire...).
    Ricordo due esempi che a suo tempo mi avevano colpito:
    1. la propaganda aziendale Fiat ai tempi dei nuovi contratti a Pomigliano
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/04/propaganda-fiat/195431/

    2. il modello aziendale ormai comune nei megastore monomarca cui ha fatto da nave scuola l'Abercrombie:
    http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2012/03/07/visualizza_new.html_128328425.html

    Chiaro che di chi lavora in aziende che macellano polli nulla fin qui si sa, ma temo che se non si è ancora al pannolone è appunto solo perché ancora non è stato firmato il Ttip che tocca sensibilmente l'agroalimentare.

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    1. Nell'articolo mi mervigliavo del fatto che alla linea di produzione vi fossero anche donne incinte all'ottavo mese ma poi mi hanno confermato che i paesi dove non esiste il congedo di maternità sono Stati Uniti, Swaziland (Sudafrica) e Papua Nuova Guinea.

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    2. Anonimo21:25

      a me invece da molto da pensare che con questo trattamento "affricano" le lavoratrici americane facciano ancora dei figli, mentre le nostre molto meglio "tutelate" no.
      ws

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    3. Anonimo23:01

      Giusta osservazione, ma si puo' confutare facilmente. Il sistema USA e' un po' peggiorato, ma e' sostanzialmente lo stesso almeno dagli anni '60, mentre qui siamo nel bel mezzo di una rivoluzione. I dati confrontati tra un sistema relativamente stabile ed uno in piena destabilizzazione possono presentare gap molto elevati. L'eta' media delle donne tutelate e' molto alta, in molti casi al limite dell'eta' fertile e quasi tutte le altre non lo sono affatto. Non ho dati significativi al riguardo, ma le poche donne che vedo con pancione e passeggino (che non sono straniere) sono quasi totalmente lavoratrici precarie, o non lavorano affatto, cosi' come il compagno. Questo potrebbe essere un segno dell'avvicinamento al modello USA che, esteticamente, e' gia' quasi raggiunto. Sono argomenti abbastanza convincenti, ma l'unico veramente definitivo non viene mai enunciato in quanto appartiene ad una disciplina diversa dalla sociologia. Infatti, in antropologia, questi dati trovano una spiegazione molto piu' semplice mettendo in relazione l'uomo con il territorio in cui vive. Le discipline economiche e sociali, infatti, si occupano molto raramente del fatto, altrimenti elementare, che il comportamento umano varia molto a seconda se la densita' media e' bassa o elevata. E questo, corroborato da altri fattori, tra cui quello genetico e' il primo e quello culturale l'ultimo, contribuisce a definire un quadro nel quale la natalita' e' sempre alta ove lo spazio abbonda e viceversa. I dati desunti dalle analisi socio-economiche possono poi precisare il quadro, ma partire da questi ultimi trascurando i primi e' una delle assurdita' a cui ormai siamo abituati da tempo. Eppure dovrebbe essere semplice: la demografia e' una questione prima antropologica e solo poi sociale.

      G.Stallman

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  6. Anonimo08:39

    Finalmente ho capito dopo anni cosa intendono per American Dream, cioè poter evacuare serenamente
    anche nel contesto del lavoro.
    Saranno mica i latinos gli incontinenti in catena di montaggio, altrimenti le reti e i mastini sul border non sono serviti e non servono a nulla.

    gg

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    1. Anonimo19:56

      Bella: l'american dream e' smettere di pisciarsi addosso. Me la segno.

      G.Stallman

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  7. Anonimo15:54

    Ma quando non ci saranno più nemmeno operai che mangiano perché gli verrà impedito dalle esigenze della produzione è certo che allora appena un operaio morto di fame produrrà un hamburger questo sarà già "sovrapproduttività". Ma a chi pensano di venderle le merci se gli operai poi non hanno più possibilità nemmeno di comperarle. Il sistema non va verso la sovrapproduzione, c'è sovrapproduzione perché i subalterni non possono nemmeno mangiarsi un hamburger OGM per sopravvivere. Questa è invece l'ideologia dell'estinzione, della sopressione di ampie fette di classi subalterne. Una volta fatto ciò rimmarranno solo i ristorantini Slow Food per l'elite radical chic, quelli che una minestrina di fagioli allevati orgonicamente a KM0 ti costerà 200 euro.
    Anonimo

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